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I virus vegetali in biomedicina: da nemici per l'agricoltura ad alleati per la salute e per la realizzazione di nuovi materiali

Negli ultimi anni, l’impiego di nanoparticelle, quindi di particelle di dimensioni nanometriche, con almeno una dimensione compresa tra 1 e 100 nm (1 nm equivale ad un miliardesimo di metro), è stato oggetto di uno studio sempre più approfondito in diverse aree di ricerca, compresa quella biomedica (ad esempio in campo diagnostico o per veicolare vaccini e farmaci).

Anche i virus sono nanoparticelle e come tali possono offrire soluzioni a sfide ancora aperte per la salute e per la realizzazione di nuovi materiali. I virus sono particolarmente interessanti per questo tipo di applicazioni perché hanno capacità di formare autonomamente strutture organizzate mediante l'autoassemblaggio di elementi costitutivi ripetuti, strutturalmente uniformi, robusti, biodegradabili, e biocompatibili. Se tra i virus prendiamo in considerazione in particolare i virus vegetali, questi hanno l’ulteriore vantaggio di poter essere facilmente ed esclusivamente prodotti nel loro ospite naturale, la pianta (un sistema di produzione sostenibile e facilmente scalabile), e sono intrinsecamente sicuri per gli animali in generale e per l’uomo in particolare visto che non sono in grado di infettarli. Infatti, siamo soliti associare i virus alle malattie, ma ogni virus è specializzato nell'infettare un organismo specifico ed è, nella maggior parte dei casi, innocuo per tutti gli altri.

Le particelle virali possono inoltre essere considerate ed utilizzate non solo come nanomateriali dotati di una notevole versatilità, grazie al fatto che possono essere “decorate” sulla superficie esterna mediante interventi genetici o chimici, acquisendo nuove funzionalità, ma anche come nanocontenitori, nel momento in cui se ne sfrutta la cavità interna.
Presso il Laboratorio di Biotecnologie dell’ENEA da anni studiamo le possibili applicazioni in biomedicina, e più in generale nelle nanotecnologie, del Virus X della patata (Potato virus X, PVX). Il Laboratorio è infatti pioniere in Italia nel settore del Plant Molecular Farming, l’impiego cioè delle piante per la produzione di biomolecole.

Virus per la realizzazione di nuove formulazioni vaccinali

Il PVX può essere modificato sulla superficie esterna attraverso tecniche genetiche che permettono di ottenere particelle virali chimeriche, che espongono sulla propria superficie polipeptidi di interesse, come ad esempio antigeni per la formulazione di vaccini. Durante i nostri studi abbiamo isolato un particolare mutante del PVX, il PVXSma, caratterizzato da una delezione della porzione della proteina di rivestimento virale in corrispondenza della regione esposta sulla superficie del virione. Mediante mirati interventi biotecnologici abbiamo prodotto particelle di questo virus mutante per sviluppare innovative formulazioni vaccinali che funzionano in modo eccellente nell'attivare i diversi distretti del sistema immunitario. Tali particelle hanno trovato applicazione nel progetto europeo AVIAMED focalizzato sull’uso delle piante come biofabbrica di vaccini contro patologie aviarie e sono al momento oggetto di studio anche nell’ambito del progetto europeo REPRODIVAC (Next-generation vaccines and diagnostics to prevent livestock reproductive diseases of worldwide impact; www.reprodivac.eu) che mira a sviluppare vaccini e strumenti diagnostici innovativi per patogeni endemici e zoonotici che interferiscono con la riproduzione di ovini e suini.

Virus per la veicolazione mirata di farmaci

Abbiamo dimostrato che il PVX non è tossico per le cellule animali, né teratogeno, e ne abbiamo studiato la biodistribuzione in un modello animale, in vista di un possibile impiego come veicolo per la somministrazione mirata di farmaci.  Nell’ambito del progetto NANOCROSS, finanziato dalla Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), il PVX mediante un approccio multidisciplinare è stato caratterizzato per la messa a punto di un sistema di diagnosi e/o terapia di un particolare tumore cerebrale infantile, il medulloblastoma. Con tale finalità sono state realizzate, attraverso metodiche di ingegneria genetica, particelle virali chimeriche che espongono sulla propria superficie delle sequenze amminoacidiche specifiche per il riconoscimento della cellula tumorale bersaglio. Tali particelle potranno veicolare in modo selettivo, in un modello animale, un chemioterapico, consentendo una riduzione della dose somministrata ed anche una riduzione degli effetti collaterali del farmaco, spesso associati ad una sua distribuzione sistemica nell’organismo.

Virus per la produzione di sistemi diagnostici

In collaborazione con la start-up DIAMANTE il PVX è stato utilizzato per la messa a punto di un kit diagnostico per la Sindrome di Sjogren primaria (pSjS), una malattia reumatica di origine autoimmune. Il virus è stato modificato per esporre sulla propria superficie una sequenza riconosciuta in modo specifico dagli autoanticorpi presenti nel siero dei pazienti. Il kit ENEA-DIAMANTE consente di eseguire la diagnosi utilizzando campioni di sangue, il suo impiego è facile e veloce, ha una elevata sensibilità, specificità, riproducibilità, stabilità nel tempo, e ha bassi costi di produzione.

Virus come supporto catalitico di metaboloni

Il PVX può essere impiegato anche per applicazioni nel campo dei nanomateriali, ad esempio come struttura di supporto di unità catalitiche/metaboloni in grado di mantenere l’attività di diverse unità enzimatiche sia in vitro che in vivo (in planta).

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